Nacque a Firenze il 13 aprile 1808 ed è stato l’inventore del telefono. Studiò alla accademia delle belle arti di Firenze ove studio anche materie come chimica, disegno, meccanica, acustica, elettricità e fisica. Dopo gli studi, ancora 16enne nel 1824 fu impiegato come aiuto guardiano alla “Porta di S. Gallo” e nel 1825 nella preparazione di fuochi d’artificio. Nel giugno dello stesso anno Meucci subì il carcere, accusato di negligenza per non aver fissato la porta di chiusura di un fosso, che avrebbe impedito al collega, Luigi Ficini di cadervi e fratturarsi. La prigione durò poco ma nel maggio del 1829 fu nuovamente incarcerato per circa un mese, con l’accusa di abbandono del posto di lavoro. Fu incarcerato altre due volte, per ritardo sul lavoro e per infranto la pena avuta dopo la precedente detenzione (parlo con una donna a cui era proibito).
Dal 1831 al 1833 Meucci si affiliò alla Carboneria e prese parte ai moti della Carboneria. Nel 1833 fu di nuovo imprigionato per tre mesi per motivi di intemperanza. Nel 1833 trovò anche lavoro in Teatro come attrezzista, presso il Teatro “La Pergola”, ove faceva un po’ di tutto: da lavori di meccanica a quelli di elettricista, ottico, chimico. La sua esperienza in accademia gli fu di aiuto e qui realizzò un telefono acustico per comunicare col palcoscenico. La sua attività fu gradita al personale tecnico e qui conobbe anche Maria Matilde Ester Mochi che sposò il 07,08,1834.
Nel 1835 la famiglia Meucci parte per Cuba, scritturata assieme ad altre persone della compagnia teatrale da un impresario cubano. A Cuba Meucci trascorse i più felici anni, 15 anni redditizi di lavoro teatrale, lui come attrezzista lei come sarta. Nel 1849 Meucci si appassiona alla elettroterapia e scopre la trasmissione della voce per via elettrica: costruisce un apparecchio a cui da il nome di “telegrafo parlante” e poi “telettrofono”.